Oggi, in edicola, nell'inserto economico di Repubblica “Affari & Finanza” si è discusso di pubblicità. Il dibattito tra Stato ed operatori di gioco è ancora acceso e nell'articolo a firma di Gianluca Moresco si cerca di far chiarezza.
Come riportato da agimeg, nell'inserto economico uscito oggi con Repubblica “Affari & Finanza”, il tema principale affrontato dal collega Gianluca Moresco è la pubblicità. Un articolo dove ci sono interventi da parte di Harry Temmink (capo commissione della sezione dei servizi di pubblico interesse, Commissione Mercato Interno Ue), Cino Benelli (avvocato e membro Unità di ricerca sulle Nuove patologie sociali), Benedetta Liberatori (dir. contenuti audiovisivi Agcom), Fabio Felici (dir. Agimeg).
Vi è poi un'intervista fatta a Vincenzo Guggino dello Iap (Istituto Autodisciplina Pubblicitaria), che vi riportiamo di seguito: “Credo che l’esigenza di un cambiamento di approccio pubblicitario sul gioco nasca da esigenze politiche e da spinte sociali. Ma soprattutto da un pensiero ideologico di base. Il 28 ter di fatto disegna un perimetro, è frutto di una ricognizione dei codici europei ed è nato da un lavoro molto accurato sulle normative seguite da Stati a noi vicine anche per cultura. Sarebbe un testo quasi perfetto se tutti gli operatori lo rispettassero”.
“Il nostro auspicio – continua Guggino – è quello che si faccia un gioco di squadra tra pubblico e privato. Un esempio in questa direzione lo ha recentemente fornito il protocollo spagnolo dove è stato costruito un sistema di autorizzazioni preventive al messaggio pubblicitario. Purtroppo c’è da dire che nel caso dell’online alcuni operatori lavorano, in tema di pubblicità, in modo disinvolto. Sisal e Lottomatica ad esempio chiedono sempre un parere preventivo prima di una campagna pubblicitaria, ma purtroppo sono un caso isolato”.
Contrario al divieto assoluto degli spot pubblicitari lo è il ministro dell'Interno Angelino Alfano, che in un'intervista di qualche settimana fa disse: “Un divieto assoluto sarebbe complicato e rischierebbe di generare, come ogni forma di proibizionismo, dinamiche incontrollabili. Potrebbe essere più logico – continua – pensare a tetti pubblicitari”.
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