Dopo quasi un anno è stata catturata la banda delle slot machine

Sei sono le persone finite in manette nel blitz portato a termine ieri mattina dalla polizia, che finalmente ha acciuffato dopo quasi un anno di indagini la banda delle slot machine. Il primo colpo lo misero a segno a marzo 2015.

Sei sono le persone finite in manette nel blitz portato a termine ieri mattina dalla polizia, che finalmente ha acciuffato dopo quasi un anno di indagini la banda delle slot machine. Il primo colpo lo misero a segno a marzo 2015.

 

Il tutto è partito il 16 marzo scorso, quando tre soggetti mettevano a segno il primo colpo di quella che poi sarebbe diventata la banda delle slot machine. Da quel giorno non si sono più fermati e hanno agito con una certa regolarità nel territorio Veneto, azzardando anche tre colpi nella stessa giornata. Il loro schema d'altronde era efficace e faceva accrescere in loro sempre più fiducia nei propri mezzi.

 

La strategia era semplice: sopralluogo, rubare auto per il colpo, mettere a segno il furto. Con l'auto sfondavano le vetrine, prendevano le slot machine, le svuotavano e poi le abbandonavano lungo la strada. Ad ogni colpo si assicuravano un bottino di qualche migliaia di euro.

 

I sei arrestati sono: Mario Levacovich di anni 42 e suo figlio ventenne Michael Levacovich; Thommy Cipolletti di 23 anni; Davide Mazzini di 27 anni; Giovanni Poropat di 40 anni; Dario Levacovich di 34 anni. Per padre e figlio il gip ha disposto gli arresti domiciliari, anche se entrambi ai domiciliari si trovavano già per altro reato. Gli altri membri della banda delle slot machine, causa i loro precedenti penali, sono tutti finiti dietro le sbarre. Uno di questi, David Mazzini, era già in carcere per altri reati commessi. I suoi compagni si banda sono stati infatti individuati e arrestati nelle loro abitazioni ieri mattina.

 

Durante le perquisizioni, come spiega il giornale locale MessageroVeneto edizione Udine, gli agenti hanno trovato diversi arnesi da scasso oltre a centinaia di euro in monetine e banconote di piccolo taglio. In particolare Levacovich aveva con sé 884 euro, Poropat 758 e Mazzini 690 anche nascosti nelle mutande. I tre sono quindi accusati di furto aggravato. A carico del solo Giovanni Poropat c’è poi un’accusa di ricettazione poiché nella sua abitazione sono state trovate due ricetrasmittenti di proprietà della Regione entrambe ancora munite dell’inconfondibile logo istituzionale.

 

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