Gli operatori esteri che vorranno mettere piede in Giappone per costruire un casinò, potranno farlo solo se si appoggeranno a un partner locale. Con buona pace dell’americano Sheldon Adelson.
Gli operatori esteri che vorranno mettere piede in Giappone per costruire un casinò, potranno farlo solo se si appoggeranno a un partner locale. Con buona pace dell’americano Sheldon Adelson.
Gli operatori esteri che vorranno mettere piede in Giappone per costruire un casinò, potranno farlo solo se si appoggeranno a un partner locale. Con buona pace dell’americano Sheldon Adelson.
Come abbiamo visto qualche giorno fa, sono già moltissime le aziende interessate ad aprire un casinò in Giappone. Praticamente tutte le superpotenze del gambling mondiale hanno espresso la volontà di acquisire una delle quattro licenze che inizialmente dovrebbero essere messe a disposizione. Qualcuno ha pure già sparato cifre astronomiche.
I 10 miliardi di dollari proposti da Sheldon Adelson e la sua Las Vegas Sands potrebbero sembrare tantissimi, ma facendo due calcoli ne varrebbe la pena. Solo che Adelson, e in generale tutte le società estere, vorrebbero fare un po’ di testa loro. Ma a quanto pare non potranno, stando a quanto dichiarato da Takeshi Iwaya al Financial Times.
L’esponente del Partito Liberal-Democratico giapponese ha riconosciuto come il Giappone necessiti del know-how e dell’esperienza che solo aziende che lavorano da anni nel mondo del gambling possono avere, ma ha fortemente auspicato che tali compagnie uniscano le forze con quelle locali. In poche parole: o si collabora, o niente licenza.
Possiamo immaginare la reazione di Sheldon Adelson, che qualche settimana fa non aveva nascosto il proprio disappunto all’idea di dover collaborare con i giapponesi pur di avere il proprio casinò nel paese del Sol Levante. Il magnate americano dovrà però fare buon viso a cattivo gioco, se non vorrà ripetere l’esperienza negativa di Eurovegas, dove il muso duro contro il governo spagnolo finì per portare a un nulla di fatto.