L'importanza di un'industria che è tra le più ricche del Paese viene sottolineata quotidianamente dall'attenzione dei politici. Si parla ancora una volta del regime fiscale, con l'ennesimo emendamento: alzare la tassazione fino al 20%.
L'importanza di un'industria che è tra le più ricche del Paese viene sottolineata quotidianamente dall'attenzione dei politici. Si parla ancora una volta del regime fiscale, con l'ennesimo emendamento: alzare la tassazione fino al 20%.
L'importanza di un'industria che è tra le più ricche del Paese viene sottolineata quotidianamente dall'attenzione dei politici. Si parla ancora una volta del regime fiscale, con l'ennesimo emendamento: alzare la tassazione fino al 20%.
La giacchetta del presidente del Consiglio, Mario Monti, si allunga sempre più. Da una parte viene tirata da chi vorrebbe andare incontro al mercato dei giochi (come ad esempio richiedendo la deroga sull'uso dei contanti per i quattro casino italiani), e dall'altra da chi invece vorrebbe fare leva sul Fisco. L'ultimo emendamento presentato volge proprio in questa direzione.
L'AAMS chiamata in causa ancora una volta
La senatrice Emanuela Baio, in quota al Terzo Polo, chiede che l'AAMS venga autorizzata ad applicare un'aliquota minima del 20% su tutti i giochi. Inoltre, secondo la proposta della Baio, l'1% delle entrate dovrebbe essere destinato alla lotta contro il gioco d'azzardo patologico, in tutte le sue forme (dalla prevenzione alla cura).
Sul tema dei giochi, e in particolare del gioco compulsivo, è intervenuto anche Walter Veltroni, ex segretario del Partito Democratico, che ha commentato il recente disegno di legge presentato proprio dal suo partito. Veltroni ha definito l'iniziativa del Pd “un disegno di legge che finalmente si propone di prevenire o di evitare le conseguenze negative del gioco sui cittadini”.
Il disegno di legge in questione prevede il divieto di pubblicità ingannevole, un'ulteriore stretta sulla tracciabilità del denaro, l'obbligo dei concessionari di possedere un conto corrente dedicato esclusivamente all'attività e un riequilibrio (anche in questo caso) del carico fiscale a vantaggio non degli operatori, ma dello Stato.
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