Non si sono fatte attendere le prime reazioni alla sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ieri ha dato ragione a Stanleybet. L'opinione comune è che il sistema concessorio sviluppato dall'AAMS non sia assolutamente a rischio.
Non si sono fatte attendere le prime reazioni alla sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ieri ha dato ragione a Stanleybet. L'opinione comune è che il sistema concessorio sviluppato dall'AAMS non sia assolutamente a rischio.
Non si sono fatte attendere le prime reazioni alla sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ieri ha dato ragione a Stanleybet. L'opinione comune è che il sistema concessorio sviluppato dall'AAMS non sia assolutamente a rischio.
Ieri vi abbiamo dato conto, praticamente in tempo reale, del giudizio dell'Avvocatura Generale della Corte di Giustizia Europea in merito alla lunga battaglia legale che ha visto coinvolto il bookmaker inglese Stanleybet, escluso dalla gara per l'acquisizione delle licenze italiane e poi multato per esercizio di attività privo di licenza.
La sede della Commissione Europea
Naturalmente non si sono fatte attendere le reazioni da parte dei principali esperti in materia di gambling in Italia. Tra i primi a parlare è stato Francesco Ginestra, presidente di Assosnai, che ha sottolineato cautamente come adesso la palla passi di nuovo in mano alla Corte di Cassazione italiana, anche se il sistema delle concessioni AAMS, a suo dire, non verrà toccato.
Riccardo Tamiro, presidente del Centro Studi Skyrmony, ha auspicato invece che la sentenza Stanleybet non sconvolga un sistema che è già diventato punto di riferimento in Europa. Tamiro ha anche aggiunto che, secondo lui, AAMS dovrebbe essere più rigida nei controlli verso gli operatori illegali, rafforzando i controlli. Dello stesso avviso si è detto anche Massimo Passamonti, presidente della neonata Federazione Sistema Gioco Italia.
Duro, invece, il commento della European Gaming and Betting Association, che si è scagliata contro il sistema italiano, dichiarando che il caso Stanleybet “conferma che gli Stati membri non possono proteggere gli interessi economici acquisiti e quindi discriminare i nuovi operatori sotto l’egida della tutela dei consumatori o la prevenzione delle frodi”.
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